Nel 1933 George David Birkhoff , uno dei più grandi matematici del secolo scorso teorizzò la formula matematica per definire la bellezza: M=O/C.(O/C>1). Secondo Birkhoff, la dimensione estetica o indice di gradevolezza di un oggetto dipende sempre dal rapporto che si instaura tra due elementi: Ordine e Complessità. Laddove per Ordine si intende la sistematicità regolare e l’armonia delle forme e, al contrario, la Complessità coincide con la varietà ed il disordine degli elementi.
La Bellezza, per Birkhoff si realizza sempre quando l’Ordine prevale sulla Complessità! Ora, per quanto sia affascinante e tendenzialmente riscontrabile nei canoni classici ed oggettivi del concetto di bellezza la teoria di Birkhoff, non possiamo non considerare che un approccio così rigido e matematico esclude di fatto dall’equazione l’elemento soggettivo di valutazione.
In altre parole esiste il rischio di Omologazione al ribasso del concetto di Cultura in generale? O piuttosto non è forse vero che in realtà l’unica cosa che possiamo realmente misurare in ambito estetico è la reazione che si sviluppa durante la nostra percezione? Uno studio degli psicologi Schwartz e Bless ha dimostrato come giudichiamo gradevoli soprattutto quegli stimoli che riusciamo ad elaborare cognitivamente con maggiore facilità e questo dipende soprattutto dalla nostra Cultura di riferimento la quale ci permette di conoscere prima e di riconoscere poi qualcosa di nuovo, scoprendone alla fine la gradevolezza che non è più solo un elemento esclusivamente tangibile, ma anche e soprattutto una sensazione profondamente intima.
Pertanto se per Birkhoff la Complessità era orientativamente un elemento negativo, da bilanciare con una dose sovrastante di Ordine, per Schwartz e Bless è proprio la Complessità che può accendere l’interesse e la curiosità, permettendo così all’interpretazione cognitiva di diventare la vera sfida percettiva dell’essere umano trasformando la “Contaminazione” nell’elemento evolutivo della specie umana.
In altre parole la realtà ha dimostrato che alla Complessità ed alle sue sfumature ci si può allenare. Allora probabilmente possiamo azzardarci a concludere che, forse, la funzione ultima dell’Arte in generale e, nel nostro particolare caso, del Teatro, è proprio questa: “Imparare a scoprire e riconoscere la bellezza laddove nessuno si aspetta di trovarla.”
Buon festival Castel dei Mondi 2024.
[Francesco Fisfola – Direttore di Produzione e ideazione]