XXIV edizione Andria 30.08 ------------ 07.09.2020
I teatri, i festival, le compagnie, tutti
i lavoratori dello spettacolo dal vivo,
nell'era del Covid-19 stanno attraversando
la loro crisi più devastante.
Se dovessero davvero scomparire
domani, importerebbe a qualcuno?
Perché in fondo non succede nulla
se la gente non viene a trovarci.
La domanda fondamentale è appunto
questa: il teatro è percepito come un
servizio pubblico? In un sistema
teatrale compromesso, che ha perso la
capacità di sperimentare, scoprire cose
nuove e impreviste, che ha relegato lo
spettatore a una funzione meramente
algoritmica, i Festival possono essere
una speranza, essere lo snodo centrale
di innovazione e di sviluppo di nuovi
contenuti e consumo. Viviamo un
momento complicato e difficile per le
sorti della cultura e dello spettacolo dal
vivo. Viviamo un'emergenza, e corriamo
il rischio che il giustificato spavento
dello spettatore si appanni in una
specie di effetto-abulia. Il senso di
smarrimento, lo tsunami emotivo che
ci ha colpito, le nuove regole di socializzazione
potrebbero comprometttere
definitivamente il nostro rapporto con
le Atti in genere. Un esito paradossale,
ma non abbastanza evocato.
Un fEStival
nell'epoca
dello
Spettatore
smaRrito
È il momento di operare con attività eccezionali, che sleghino
la fruizione degli spettacoli dal concetto di sala o di platea.
Andare nelle piazze, nei cortili, dove le persone possano diventare
pubblico passeggiando, guardare gli spettacoli e le installazioni
in cammino per la città. Spettacoli e installazioni pensati magari
per un solo spettatore alla volta, con l’aiuto di tecnologie semplici
da reperire e da usare. Tutto ciò potrebbe potare a un doppio
risultato: parlare direttamente allo spettatore scavalcando la
mediazione dell'edificio-teatro, e dare alle persone l'oppottunità
di un riavvicinamento sotto, non obbligato, volontario. Gesti e azioni
di timida consapevolezza, che non facilmente gli spettatori
dimenticheranno alla riapetura dei “veri teatri”.
Perchè in fondo un Festival che cos'è se non uno strumento
per riappropriarsi dei gesti e dei significati, senza l'oppressione
del doversi uniformare a questa o quella liturgia consolidata?
Il Festival Castel dei Mondi, con la progettazione 2020, vuole
riflettere sul teatro che verrà, dedicando sempre più spazio alla sua
funzione primaria che è quella di indagare altri mondi e linguaggi.
Il Castel dei Mondi resta una piattaforma che esplora la scena
contemporanea nelle Atti. Osserva e presenta quanto di più nuovo
e originale la creatività internazionale produce. Cerca insomma
dove gli altri non guardano. Per il Festival rimane impressa sulla
pietra la riflessione di Peter Brook sulla utilità del teatro:
«Il teatro è utile quando lo spettatore esce dallo spettacolo
con più speranza di quando è entrato".
Riccardo Carbutti
Come funzionerà? Immaginiamo… uno spettatore singolo,
al massimo accompagnato dalla persona cara o da un paio
di amici, che voglia trascorrere una giornata al Castel dei
Mondi, passeggiando per i luoghi del Festival.
In che cosa può imbattersi, che cosa può scoprire?
La XXIV edizione del Castel dei Mondi è dedicata a Teresa Mavellia,
instancabile sostenitrice delle atti e del festival con l'associazione “Fiori d'acciaio”